La professione del traduttore è spesso circondata da un alone di romanticismo che contribuisce a creare aspettative irrealistiche in chi si avvicina al campo della traduzione. Sarebbe invece opportuno non idealizzare un lavoro spesso tutt’altro che artistico.
L’alone romantico che circonda alcune professioni legate alle lettere, come quella del traduttore, ha portato più danni che altro alla categoria, poiché crea aspettative irrealistiche e irrealizzabili in chi si avvicina al settore. Gli studenti di lingue o di traduzione s’illudono quasi di poter trascorrere il loro tempo traducendo alta letteratura, frequentando caffé letterari e discettando della miglior scelta terminologica con poeti e scrittori. Spessissimo riceviamo curriculum di giovani pieni di speranze che dichiarano di voler tradurre “libri e articoli”, ma che si rifiutano di lavorare su progetti di localizzazione di software. Purtroppo o per fortuna, il grosso del mercato, e per i più l’unica fonte sicura di reddito, è invece la traduzione di testi tecnici senza alcun valore artistico. Sarebbe dunque opportuno abbandonare fin da subito ogni velleità estetica. Il traduttore è un mero ingranaggio di un processo produttivo più ampio, spesso frenetico e sempre accelerato. Capirlo per tempo eviterebbe più di una frustrazione.
Questa risposta è perciò un invito a non idealizzare il nostro lavoro: vi si descrive a grandi linee una giornata tipo di un traduttore tecnico professionista. “Professionista” inteso senza alcuna connotazione qualitativa, ma soltanto come “che vive di traduzione”. I colleghi meno esperti o gli aspiranti tali potranno rifletterci sopra e trarre le proprie conclusioni. I traduttori navigati, d’altro canto, ci troveranno forse qualche spunto a livello di organizzazione del lavoro e di produttività, qualche “trucchetto” o qualche idea da applicare anche alla propria giornata lavorativa.
Come sa la maggior parte degli utenti di questo sito, io sono il titolare dell’agenzia Qabiria.com, che offre servizi di traduzione e di formazione. La mia giornata di lavoro si svolge a Badalona, vicino a Barcellona, in Spagna, o da un cosiddetto “home office”, ovvero uno studio allestito all’interno della mia abitazione, o dall'ufficio che abbiamo in affitto. L’ufficetto casalingo è costituito da un’ampia scrivania, una sedia ergonomica, poggiapiedi, cassettiera-archivio, un armadio: niente di particolare, insomma. Cerco di rispettare una corretta ergonomia del posto di lavoro, onde evitare le più comuni malattie professionali, quali scoliosi, sindrome del tunnel carpale, affaticamento della vista, ecc. Sono attorniato da parecchi libri, fra cui qualche dizionario, anche se ormai uso quasi esclusivamente dizionari online o su CD/DVD-ROM. Da questo ufficio, attraverso una Extranet e un sistema di chat privata sono in contatto permanente con il mio socio in Qabiria, Sergio Alasia e con tutti i collaboratori.
Fra i progetti più voluminosi, che dureranno svariate settimane, riusciamo a infilare qualche progetto più corto, da consegnare in 1-2 giorni. Nei pochi tempi morti, cerchiamo anche di delineare la nostra proposta formativa e la strategia a lungo termine.
La giornata trascorre così quasi totalmente al computer, eccezion fatta per le conferenze o gli eventi di networking (numerosissimi a Barcellona) che io e Sergio frequentiamo per tenerci aggiornati e per non perdere il contatto con la realtà imprenditoriale della zona. Per scendere nei particolari della routine: accendo il computer appena mi alzo. Sono operativo fra le nove e le dieci, a seconda degli impegni familiari e dell’orario a cui sono andato a dormire la sera prima... Lavoro con un computer piuttosto veloce, ma non mi ossessiono con gli aggiornamenti hardware. Il sistema è ottimizzato con tutti i programmi che mi servono, ha una velocità soddisfacente. Lavoro con Windows 10. Ho due monitor: in uno visualizzo il testo su cui sto lavorando, sull’altro il browser o i programmi d'appoggio. Ho un hard disk esterno collegato via USB su cui eseguo le copie di sicurezza periodicamente con Create Synchronicity e un NAS che duplica questa copia.
All'avvio si eseguono automaticamente alcuni programmi:
- Chrome, il browser;
- Total Commander, con cui eseguo tutta la gestione di file e cartelle e buona parte delle ricerche di file;
- Zim, il mio "secondo cervello", un wiki personale in cui archivio tutto quello che si può archiviare in forma scritta;
- KeePass, su cui salvo tutte le password e le note private
In background, per la maggior parte del tempo, ci sono:
- Greenshot, per la stampa e il salvataggio rapido di screenshot;
- Dropbox;
- Skype, per la comunicazione con i clienti vicini e lontani;
- Everything, per le ricerche rapide.
Prima di incominciare le mansioni previste per la giornata controllo la posta elettronica. Applico blandamente il metodo Getting Things Done di David Allen. Uno dei consigli che seguo quasi sempre è quello di realizzare immediatamente ogni "to-do" che si può terminare in meno di due minuti. Tutto il resto delle cose da fare è organizzato in progetti. Questo, e l’abitudine a limitare al massimo le interruzioni (anche usando - a volte - la tecnica Pomodoro) mi consente di essere abbastanza produttivo. Un altro “trucco’ è quello di tenere il più possibile le mani sulla tastiera. Aver imparato a dattiloscrivere tanti anni fa con un manualetto della Olivetti si è rivelato un ottimo investimento. Anche memorizzare le scorciatoie più comuni aiuta molto.
Mentre lavoro di solito non ascolto musica, a meno che la traduzione sia particolarmente ripetitiva o nei casi in cui svolgo attività più meccaniche. Talvolta ascolto qualche programma radio, ma quasi mai mentre traduco o correggo. Se nella posta non ci sono richieste di nuovi progetti, apro il CAT tool (quasi sempre OmegaT) e inizio a tradurre. Ogni mezz’ora circa m’interrompo qualche minuto, mi sgranchisco, guardo fuori dalla finestra per defaticare la vista. Verso mezza mattina compio una pausa più lunga. Continuo a tradurre fino all’ora di pranzo quando mi fermo per circa un’ora. Tendo a svolgere i compiti più gravosi di mattina. Continuo così finché, verso le 18, se non ho urgenze da affrontare, stacco. Prima di spegnere il computer inserisco le ore svolte nel nostro sistema di gestione, indicando quante ore ho trascorso su ogni progetto. In questo modo posso ricavarne la redditività. Anche se questo resoconto può essere approssimativo, per via del “multitasking’, esso rimane uno strumento sostanziale per capire quali sono i progetti e i clienti più redditizi.
Ultimamente le ore dedicate alla traduzione sono sempre meno, perché svolgo molto più attività di project management che di traduzione, ma ho riportato la "giornata tipo" da traduttore per rispondere alla domanda. Ho omesso tuttavia un’attività importante: le comunicazioni con i colleghi in caso di dubbi. È una pratica molto diffusa e certamente indispensabile in molti casi. Personalmente, data la natura dei nostri ultimi progetti, mi capita sempre più raramente di dover chiedere lumi ad altri traduttori. Il più delle volte risolvo i dubbi direttamente con il cliente o discutendone con Sergio.
Come si è visto, la giornata del traduttore tecnico è piuttosto monotona. Si svolge in solitario, con moltissimi rapporti a distanza (con clienti, fornitori e colleghi), a volte anche alienanti, anche se la varietà delle persone con cui si entra a contatto arricchisce sempre. Lavorando per lo più da casa bisogna essere capaci di separare bene l’ambito professionale da quello personale, evitando le situazioni di conflitto. In ogni caso, pur non essendoci spazio per grossi slanci artistici, non mancano le soddisfazioni, come quando si vedono pubblicate online le versioni da noi tradotte di siti web conosciuti o quando si ricevono i complimenti dei committenti.